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La pitta 'mpigliata

Dolce della tradizione di San Giovanni in Fiore

Storia della pitta

La storia della pitta ‘mpigliata, tipico dolce Calabrese e in particolare del paese silano di San Giovanni in Fiore, si perde nella notte dei tempi. Il nome “pitta” deriva dal greco “πίτα” che significa piatto, proprio come la forma del dolce. Il ripieno è formato da ingredienti in parte tipici (come noci e miele), in parte derivanti dal mondo arabo (quali cannella, uva passa, chiodi di garofano). Sappiamo che, nel corso dei secoli, diverse culture consumavano la “pitta”, sia in versione “salata”, sia condita con uva passa e miele.

Ancora oggi, nei paesi greci e arabi, si consumano i “baklava”, dolci ripieni di uva passa, cannella, noci e miele, e avvolti in una pasta leggerissima chiamata “pasta fillo”. La pitta ‘mpigliata quindi, potrebbe essere anche il risultato di questa unione di popoli e culture arrivati nelle nostre terre. Per certo, sappiamo che, seppure presente in svariate forme e con diversi nomi a seconda della località (pitta nchiusa, pitta cu uagliu, …) i natali sono certamente riconducibili al popolo sangiovannese. Le prime prove scritte sulla pitta ‘mpigliata, risalgono al 1728, in un documento notarile di matrimonio tra un certo Giaquinta, desideroso di concedere la propria figlia Angelica in sposa al possedente Battista Caligiuro, specificava che “..a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pasto dovrà offrire la pitta ‘mpigliata, preparata anzitempo curando che la pitta sia di finezza giusta…”.

Ma perchè ‘mpigliata? Perchè un tempo, per non far fuoriuscire il dolce ripieno, veniva chiusa ed intrecciata (‘mpigliata appunto) con dei rametti di origano. Nel corso dei secoli, da “dolce tipico per le cerimonie e feste importanti”, divenne un dolce natalizio.

Ancora oggi, a San Giovanni in Fiore, durante il periodo del Natale, ogni famiglia prepara diverse pitte ‘mpigliate, con lo scopo di donarle e/o scambiarle con quelle di parenti e amici. Ogni famiglia, ha una propria “ricetta” della pitta ‘mpigliata, tramandata da generazioni dalle menti sapienti delle “nonne di una volta”, e ognuna ne vanta la supremazia in termine di consistenza, fragranza e gusto rispetto alle altre.

Noi degli ‘mpigliati abbiamo cercato di attenerci e rievocare la ricetta di un tempo, eseguendo ricerche storiche e approfondite in diversi testi letterari, e tra i ricordi lontani dell’antica sapienza sangiovannese.

Preparazione della pitta

La preparazione della pitta ‘mpigliata richiede un po’ di tempo e pazienza. La base del dolce è una pasta simile a quella per il pane, preparata con farina, olio d’oliva, zucchero e vino bianco secco. L’impasto viene lavorato fino a ottenere una consistenza elastica e poi viene lasciato riposare per un po’ di tempo.

Dopo il riposo l’impasto viene steso sottilmente e tagliato in piccoli rettangoli o strisce. A questo punto, ogni pezzo di pasta viene avvolto attorno ad uno stecchino di legno, che gli conferisce la caratteristica forma a spirale.

La pitta ‘mpigliata è un dolce ricco di sapori e profumi, che racconta la storia e le tradizioni della Calabria. Ogni morso è un connubio di consistenze croccanti e morbide, insieme a una miscela di dolcezza e spezie che rendono questo dolce unico nel suo genere.

Oggi, la pitta ‘mpigliata è ancora preparata e apprezzata durante le festività natalizie, ma può essere trovata anche in altre occasioni speciali o nelle pasticcerie della regione Calabria. È diventata un simbolo della tradizione culinaria calabrese e rappresenta l’amore e l’orgoglio per le radici e la cultura di questa affascinante regione italiana.

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